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NEVE DI PRIMAVERA. NELLA VALLE DEI CILIEGI.


Fine settimana di pausa. Devo guarire da una tracheite. E devo correggere le prime bozze del mio nuovo libro. Mi spiace, perché il tempo si preannuncia buono e sarebbe bello compiere uno fra i tanti cammini progettati e/o vagheggiati. Diversi amici mi hanno invitato ad essere con loro. Ma mi impongo un po' di disciplina mentale: nella vita occorre anche sapersi fermare! Lascio da parte ogni scrupolo, dunque, e provo a dedicarmi alle due incombenze alternative. Sennonché, a metà mattina di domenica accade un fatto inquietante: un giovane con dei bastoncini da trekking attraversa il bosco di querce sopra la mia casa, proprio davanti al mio naso! Sarà mica un’allucinazione? No, è proprio vero. Allora è certamente una provocazione. O un segno della sincronicità junghiana, da cogliere come fatto significante per la mia psiche. La coincidenza dà la stura al desiderio. E il desiderio apre una breccia nel muro della razionalità. La trachea, improvvisamente, migliora. Le pagine delle bozze già corrette si ingrossano a dismisura. M’invento una certa stanchezza della vista: gli occhi non devono essere sovraccaricati dalla troppa lettura. M’invento la necessità di un po’ di moto: il corpo non può poltrire per due giorni interi. Mando un messaggio a Carlo per sapere se, per caso, è disponibile nel pomeriggio (ma non me lo aveva già detto che non aveva impegni?). E non è vero, poi, come sentenziò Oscar Wild, che “so resistere a tutto tranne che alle tentazioni”? Insomma, alle 15,30, zaino in spalla, insieme a Carlo, parto per la mia passeggiata, alla Robert Walser, fra i boschi e le campagne sopra casa. La classica: da Contrada Velati a Borgo Panetti. Ci inoltriamo nelle belle campagne di Reillo di Platania, a mezza costa sulla pendice in sinistra idrografica della Valle del Piazza. E subito mi accorgo del senso delle coincidenze (o delle tentazioni) del mattino. Le pendici della valle sono ricoperte da una sorta di polvere adamantina. Se non ci fosse un caldo sole a splendere nel cielo, si potrebbe credere ad un effimero spruzzo di neve. Proprio durante i due giorni di astinenza dalla mia tossicodipendenza da cammino, è esplosa la fioritura dei ciliegi! Ora mi spiego tutto. Annuisco mentalmente alle tesi di Jung. Quanto accaduto al mattino è stato un susseguirsi di “coincidenze acausali significative”. In altre parole: il mio daimon, il mio spirito guida, il mio angelo custode – chiamatelo come volete – mi avvertiva che i ciliegi della Valle del Piazza erano in attesa di una visita. E io lo dovevo sapere – l’ho scritto tante volte! – che la fioritura dei ciliegi nella Valle del Piazza è uno degli spettacoli più belli del Mondo. Pensate che i poveri giapponesi inurbati e nevrotici – si, proprio quelli che vestono ridicolmente all’occidentale, sciamano come formiche nelle loro metropoli ultramoderne, sono sempre attenti all’andamento dei titoli in borsa, e poi, contraddittoriamente, si fissano con cose vecchie (?) come il taoismo, le geishe e i samurai – a milioni si riversano nelle campagne per assistere alla fioritura dei ciliegi. Yukio Mishima ha addirittura titolato un suo famoso romanzo “Neve di primavera”, riferendosi proprio a questo fenomeno. Camminiamo, dunque, nella luce splendida del pomeriggio, accompagnati da ciliegi che s’inchinano verso di noi – come geishe appunto (meglio le geishe che i samurai, con tutto il rispetto di Mishima, che, da samurai, finì col fare hara-kiri) – sospinti da un bel vento che, fra qualche giorno avrà sciolto l’effimera neve dei loro petali sontuosi. Nei pressi della vigna del mio amico Lavagnino (quello che ha i due asinelli e li cura come figli), sollevo lo sguardo da terra e mi appare un grande ciliegio, abbacinante contro l’azzurro del cielo. E mi sovviene Kiyoaki, il protagonista del romanzo di Mishima: “[…] abbandonato a se stesso, levò lo sguardo verso l’albero che lo sovrastava, e per la prima volta nella giornata rivolse un pensiero ai fiori di ciliegio. Pendevano a grandi ciuffi nell’austera oscurità dei ramoscelli, simili a un acrocoro di conchiglie candide abbarbicate a una scogliera. […] Con delicatezza appena avvertibile, il cuore stellato di ogni singolo fiore era segnato da un tocco di rosa.” Ma se i giapponesi a milioni vanno ad ammirare, in primavera, la fioritura dei ciliegi, se i canadesi a milioni indugiano a contemplare, in autunno, il colorarsi delle foglie degli aceri, i calabresi sapranno riversarsi sulle loro colline, sulle loro montagne solo per provare il brivido della “neve di primavera”? Non possiamo dirlo con certezza. Per scrupolo, però, meglio avvertirli che sono dispensati dall’uso di sci, ciaspole, ramponi e piccozze, e, nei casi più pervicaci, da quello di ruspe, motoseghe, rifiuti vari e improvvise pale eoliche. Nelle immagini: scorci della Valle del Piazza (Platania, Calabria) in questi giorni. Foto di Francesco Bevilacqua.


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