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LE RECENSIONI DI FRANCESCO BEVILACQUA

14- Giovanni Sole “Francesco di Paola”.
 

Il terzo personaggio della storia calabra di cui parleremo è San Francesco di Paola (Cosenza 1953). Lo facciamo commentando un agile libretto di Giovanni Sole dal titolo “Francesco di Paola, un santo forte come un leone”, edito da Rubbettino nel 2007. Francesco di Paola è un po' un personaggio dalla vita speculare a quella di Bruno di Colonia: il primo partì dalla Calabria e finì col morire in Francia; il secondo, come abbiamo visto, partì dalla Germania per concludere la sua esistenza in Calabria.

Francesco nasce a Paola nel 1416. Tra il 1429-1430 è già a San Marco Argentano presso i Padri Conventuali, dove veste l’abito religioso. Poi, dopo un pellegrinaggio insieme ai genitori ad Assisi, Loreto, Montecassino passando per Roma, si ritira in una stretta valle boscosa presso il paese. Lo seguono ben presto altri giovani, con i quali Francesco vive ispirandosi ai principi evangelici della povertà, della preghiera e della penitenza. Tra il 1464 ed il 1468 è in Sicilia: si diffonde la fama del suo attraversamento dello Stretto in volo sul mantello. Il 2 febbraio 1483, per ordine del Papa, Francesco lascia la Calabria per raggiungere Luigi XI, re di Francia, gravemente ammalato, al quale è giunta la sua fama di taumaturgo e mistico. Dopo brevi soste a Napoli e a Roma, Francesco giunge alla corte francese, dove, però, non può far altro che profetare la morte del re, assisterlo negli ultimi mesi di vita e indurlo ad un pio trapasso con il conforto della fede (1483). Francesco rimane in Francia, dove tiene rapporti assidui (anche nella veste di consigliere del re) con la corte e fonda diversi conventi. Nel 1506 Papa Giulio II approva la regola definitiva dell’Ordine dei Minimi. Francesco muore più che novantenne, il 2 aprile del 1507, a Plessis-les-Tours. Nel 1519, Papa Leone X canonizza San Francesco di Paola. La fama di Francesco di Paola, all’epoca, fu enorme, come testimonia anche la produzione di dipinti che lo ritraggono da parte di pittori famosi. In Calabria il Convento ed il Santuario di Paola sono meta di un attivo pellegrinaggio che culmina nel giorno della festa a lui dedicata il 2 di aprile.

L’agiografia ci restituisce un’immagine di San Francesco tutta concentrata sugli aspetti religiosi ed aneddotici-miracolistici. Piuttosto, un notevole interesse sul piano interpretativo del personalità del santo e del contesto sociale entro cui egli visse è il processo cosentino, contenuto in un documento manoscritto del 1512-1513, che costituisce la raccolta delle deposizioni di 102 testimoni che, invitati dal delegato pontificio, rispondono a dieci domande.

Le fonti di Sole sono soprattutto le lettere attribuite al santo, dapprima considerate vere (1654) e poi false (1659) - ma per ragioni politiche più che filologiche - la regola dell’ordine, il correttorio (ossia il codice disciplinare dei frati) e naturalmente il processo cosentino.

La vita di Francesco si dipana sullo sfondo delle lotte per la conquista del regno tra Angioini (il loro dominio parte, convenzionalmente, dalla vittoria di Carlo d’Angiò su Manfredi, nel 1266) ed Aragonesi (succeduti ai primi nel 1442 con l’occupazione di Napoli da parte di Alfonso d’Aragona e durati sino al 1504, allorché Luigi XII di Francia cedette il regno alla Spagna). Fu quella una delle epoche più buie della storia della Calabria. Esplosero le contese tra corona (il governo centrale), baroni (i feudatari) e università (i paesi che si vedevano ripetutamente infeudati dai baroni e che erano costretti a riscattare la loro libertà con il pagamento di ingenti somme di denaro). La lontananza della corona dei singoli territori, la necessità del re (sempre in debito di uomini e mezzi economici) di finanziare la sua corte e le sue guerre, aumentava la riottosità dei baroni, i quali vessavano con ogni mezzo possibile la popolazione minuta. La proprietà fondiaria si concentrava nelle mani di poche famiglie laiche o religiose. I contratti agrari erano delle vere e proprie trappole per i contadini nulla tenenti che volevano prendere in fitto un terreno. Una gran parte del popolo viveva al livello servile verso i feudatari, che avevano di fatto un potere di vita e di morte su uomini e donne. Gli usi civici sui boschi, le acque o i pascoli venivano usurpati dai baroni, che erano anche chiamati a decidere ogni tipo di controversia. In generale, il ceto contadino, che costituiva la più gran parte della popolazione, viveva in condizioni di miseria sordida. Rivolte si susseguivano per forza di cose, ma erano sempre schiacciate nel sangue dai baroni, i quali, però non potevano impedire che permanesse quella costante forma di guerriglia disorganizzata e feroce che già possiamo considerare brigantaggio.

Francesco di Paola giunge, dunque, sul proscenio della storia della Calabria – esclusa dallo splendore del Rinascimento – come fosse atteso, per portare conforto e speranza in un mondo disilluso e in disfacimento. Di Francesco conosciamo la sua stazza e la sua forza fisica, che già conferiscono al personaggio la “statura” del santo lottatore che nulla può sopraffare. Egli era un esorcista, un guaritore ed un esperto erborista: nel suo orto e attorno al suo eremo erborizzava per ore, ricavando medicine, unguenti ed infusi che lenivano le sofferenze dei malati. Gli era riconosciuta anche la facoltà di divinare e predire il futuro. Ma, soprattutto, Francesco aveva fama di saper individuare immediatamente la verità dalla menzogna nelle persone. In più. Francesco era nemico di tutte le ingiustizie: innanzitutto quelle degli stessi chierici che non seguivano l’esempio di Gesù vivendo nella corruzione e nella concupiscenza della carne; poi quelle dei ricchi che non attuavano la carità cristiana verso i poveri; infine quelle della gente comune, che doveva attenersi ai comandamenti cristiani. Francesco fu, però, anche il santo dei ricchi dell’epoca, che beneficiavano i suoi monasteri con doni ed elargizioni (la stessa vicenda del re di Francia è sintomatica). I ricchi lo sostenevano per il prestigio che egli aveva sul popolo, perché la sua lotta alla simonia (vendita delle cariche ecclesiastiche) ed alla corruzione del clero conveniva loro, o per trarne, superstiziosamente, protezione spirituale o più semplicemente per averne consigli. Per gli aristocratici egli non era un sovversivo, perché non metteva in discussione le loro proprietà ed i loro privilegi pur esortandoli fortemente alla carità, a creare lavoro (con linguaggio moderno potremmo parlare di ruolo etico dell’impresa) ed a calmierare la loro esosità fiscale (attualissimo è il fatto che Francesco non sopportasse che certi uomini potessero vivere in un lusso sfrenato e altri al limite della pura sussistenza). Per la gente comune era lo sprone a vivere in modo cristiano ed etico ed a non rimanere inerti e rassegnati ma a lavorare, invece, in ogni modo possibile, per riscattare moralmente ed economicamente le loro vite. Per la Chiesa era un moralizzatore opportuno in un tempo di grande sfacelo del clero (e perfino degli ordini monastici), ma non un eretico, ché, anzi, fu sempre un castigatore delle eresie.

Infine, i suoi frati dovevano rinunciare ai beni in favore dei poveri, considerarsi pellegrini e forestieri nel mondo, indossare tuniche grezze e dimesse, lavorare e allontanare l’ozio, osservare il silenzio, chiedere l’elemosina e mangiare cibi quaresimali, pregare costantemente, mortificare il corpo. Nella sua lunga vita, Francesco di Paola dimostrò un grande dinamismo (Sole lo definisce “una specie di grande imprenditore”), viaggiando molto, costituendo una quantità di conventi, predicando ovunque ed accogliendo migliaia di persone. L’essere un mistico non gli impedì di occuparsi attivamente delle cose del mondo. Era umile ma forte. Era un eremita ma non un fissato della solitudine (fuga mundi). Insomma, coerentemente con il monachesimo bizantino, proponeva un perfetto equilibrio tra vita attiva e vita contemplativa.

La conclusione di Sole è che San Francesco di Paola fu una inimitabile figura composita: da un lato la persona del popolo che col popolo continuò incessantemente a confondersi e che per il popolo si spese, influenzato da abitudini, idee, credenze e orientamenti di vita folklorica; dall’altro il mistico teologicamente colto che aveva perfettamente assimilato la dottrina e la storia del Cristianesimo. Tutto questo in un costante e mirabile relazionarsi con realtà a personaggi dell'epoca che produsse quel fenomeno unico ed assoluto che fu la sua esistenza nel mondo.

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