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LE RECENSIONI DI FRANCESCO BEVILACQUA

7- Lucio Gambi, "Calabria".
 

Dopo questa prima immersione nei temi della letteratura calabrese, poi della sociologia e dell'antropologia, è venuto il momento di cominciare ad addentrarci nella conoscenza dei caratteri fisici e geografici della Calabria. Uno dei libri più utili ed interessanti, sotto tale punto di vista (e, come vedremo, non solo sotto tale punto di vista) è il volume di grande formato dal titolo "Calabria", scritto nel 1978 da Lucio Gambi (Ravenna 1920 / Firenze 2006), considerato, a ragione, uno dei massimi geografi italiani. Il libro uscì per l'Utet nella collana “Le Regioni d’Italia”. Il libro ha anche un magnifico apparato iconografico.

Prima di parlare del libro di Gambi, sarà utile chiarire il significato - come abbiamo fatto per "Sud e magia" di Ernesto de Martino - di un paio di parole chiave. La prima di queste è "geografia". Il termine viene dal Greco e significa "descrizione della terra". La geografia moderna è una scienza sintetica che correla fra loro fenomeni che coesistono nel medesimo spazio e si influenzano reciprocamente. La geografia fisica studia le forme e gli aspetti della superficie terrestre. La geografia antropica o umana studia invece la distribuzione degli uomini e dei gruppi umani in relazione alle condizioni naturali, che influenzano la vita dell'uomo e però vengono a loro volta, condizionate dalle stesse attività umane. La seconda parola è "paesaggio". Essa deriva dai termini latini "pagus", che significa "villaggio", e "pagense", che vuol dire “luogo dei villaggi”. Il termine paesaggio rimanda, perciò, ad un luogo abitato. Un luogo, tuttavia, che rappresenti anche una veduta, un panorama. Perché solo se visto, interiorizzato, apprezzato, solo se riempito di valore, uno spazio anonimo diviene paesaggio. 

Ora, il libro di cui stiamo parlando costituisce una grande opera geografica sulla Calabria (geografia sia fisica che antropica) ma con un taglio fortemente interdisciplinare, comprendente anche una notevole ricostruzione storica e continui rimandi al paesaggio: ancora oggi, quanto di meglio possa esservi per un approccio completo alla regione.

Già la foto di copertina del volume pare una burla contro i luoghi comuni che hanno sempre gravato (e graveranno) sull’idea del paesaggio calabrese: non una fiumara, con la sua serpeggiante lingua detritica ed il paesello abbarbicato su un colle, ma un lago, disteso nel bel mezzo di un altopiano verdeggiante di praterie e di pini: a guardare in modo decontestualizzato quella foto si potrebbe credere che si tratti della Svizzera o della Norvegia, piuttosto che di una regione nel profondo sud dell’Europa mediterranea. Non mi meraviglierei se già nella scelta di questa foto vi sia stato lo zampino di Gambi, che fu tenace nel ribaltare gli stereotipi geografici che avvolgevano una regione tanto sconosciuta quanto mal descritta come la Calabria.

Ed il libro di Gambi è, infatti, il frutto di un enorme sforzo sistematico per restituire alla Calabria un minimo di verità storica e geografica in una sola variegata, puntualissima, documentatissima, intelligente, lucida opera.

Gambi parte proprio dalle caratteristiche salienti della geomorfologia del territorio ed intuisce, tra i primi (preceduto, forse, dal solo Giuseppe Isnardi), la doppiezza, l’ambivalenza di questa regione peninsulare, baciata per tre lati dal mare (780 km di coste pari ad 1/5 del profilo costiero dell’Italia peninsulare), eppure così intimamente montuosa (il 44% della Calabria si eleva al di sopra dei 500 metri di altitudine, il 22% al di sopra dei 1000 metri, solo il 9% è in piano), arroccata, isolata dentro i monti dell’interno, che ben poco spazio lasciano alle pianure ed alle stesse marine. Ma altro dato di partenza è per Gambi il confine terrestre della Calabria, ossia quel solo piccolo lato in cui la "penisoletta" calabrese, lunga e stretta virgola di terra che si protende verso il Mediterraneo, è collegata al continente, e cioè il massiccio calabro-lucano del Pollino, vera e propria barriera orografica posta tra la regione ed il resto d'Italia.

Gambi, parte da questa essenziale intuizione sulla Calabria: che si tratta di una regione isolata storicamente e geograficamente, quasi interamente vissuta sulle alture dell'interno e senza un rapporto proficuo e duraturo con il mare.

La complessità e l’articolazione del territorio calabrese viene perfettamente enucleata da Gambi. Innanzitutto le montagne, con i vari, distinti massicci, dal Pollino a nord, sino all’Aspromonte, a sud. Poi le aree che potremmo definire intermedie, tra monti e mare, come il Marchesato, il Poro o il Vallo del Crati. Ed infine le coste vere e proprie, con le tre uniche pianure di una certa estensione (Sibari, San’Eufemia, Gioia Tauro) e con i singoli, differenti tratti sia sul lungo ed omogeneo versante ionico che sul più breve e diversificato versante tirrenico. Dall’analisi generale del territorio calabrese emerge il carattere fisico fondamentale della regione che Gambi definisce “esilità topografica e asprezza di configurazione”.

Non manca, nel volume, una storia dell’insediamento umano nella regione, che mai più troverà una sintesi di taglio divulgativo così chiara e calibrata tra le varie epoche.

Nel complesso, la Calabria è indagata con una completezza e con una complessità interdisciplinare che nessun altro volume, pubblicato in seguito (o prima), saprà raggiungere, con una simile capacità di sintesi e con una quantità così vasta di  informazioni ma anche di analisi ed intuizioni.

Val la pena riportare, le illuminanti considerazioni conclusive del libro. Dopo aver spiegato che, in quegli anni, il volto umano della Calabria si rivelava come una contraddizione fra una "immagine di povertà", da un lato, e da "uno spirito animato da vigore e iniziativa", dall'altro, Gambi scrive: "La contraddizione di povertà ed energia perciò si risolve in termini di crisi di gestazione e di formazione di un tipo sociale che la Calabria non ha conosciuto fino agli inizi del nostro secolo [...]. E la fase moderna della Calabria [...] si aprì solo con l'ingresso della regione in un'orbita nazionale: un ingresso la cui data non coincide con la spedizione di Garibaldi ma con le esperienze dell'emigrazione americana, dei servizi militari svolti al Nord, di un mercato nazionale ampliato fino a qua. [...] La società nuova in realtà è nata solo dopo il 1900, coi peculi degli emigrati che avevano fatto sorgere i paesi della marina [...] e addentato il latifondo, e creata la piccola proprietà. Ed è stata irrobustita dai reduci della prima guerra mondiale abituati ad avere sotto le armi il pane e la minestra due volte al giorno, cosa per loro nuovissima [...]. Però, se così tardi si è venuta delineando in Calabria la costituzione di una società moderna, la ragione di ciò non è da vedere esclusivamente nella sciagura delle dominazioni militari come la romana o fiscali come la bizantina o baronali come la ispanica. Questa è sicuramente la ragione principale: non la sola però. In realtà la natura della Calabria è una di quelle che è stato più duro fino ad ora, e anche domani sarà meno agevole assoggettare o imbrigliare. A parte la più progredita cultura e la già fiorente vita economica di quei paesi [...] non era più facile plasmare in termini umani, organizzar a misure umane i bacini e i tondeggianti rilievi della Toscana interna e anche  [...] la zona paludosa della pianura settentrionale fra i vari rami deltizi del Po e le lagune? Invece niente di simile c'era da sperare là ove su di una natura - come quella bruzia - indocile e onerosa ai disegni umani si è impiantato per quindici secoli per lo meno [...] quel che di più opaco, selvatico e lacrimevole vi è stato fra i governi d'Italia. E che meraviglia quindi se fra una natura così poderosa e la desolazione sociale dei loro giorni, due fra i più grandi spiriti di Calabria in quei secoli, l'abate Gioacchino e il Campanella, risolsero i loro disegni umani in allucinanti utopie?".

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