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WALKING IN THE RAIN.


Vien giù una pioggia sottile, gelida, paziente. Non ha fretta. Non vuole inondare il mondo. Scivola l’acqua sulle nostre giacche, sui cappucci, sui copri pantaloni. La terra ringrazia. Trae sollievo. Trasforma quel liquido in sangue. Gli uomini sono troppo stupidi per comprendere il valore di questa pioggia sottile, fredda, paziente. Per loro, ogni fenomeno atmosferico è la fastidiosa colonna sonora di giornate virtuali. Pioggia, vento, neve, caldo non hanno diritto di venire a “caso”. Disturbano i loro piani, i loro affari. Prima o poi costruiranno delle bolle atmosferiche artificiali. “Clima programmato” ci sarà scritto sui cartelli d’ingresso alle grandi città. Se all’interno di Dubai hanno potuto creare una stazione sciistica, prima o poi porteranno il mare, gli ombrelloni e i pedalò a Cortina d’Ampezzo. Bastano grandi pompe di sollevamento, qualche centinaio di chilometri di tubi, della sabbia e dell’aria calda condizionata. L’uomo può tutto! Ma per il momento, in questa piega fra le colline ai piedi del Monte Reventino, vien giù pioggia spontanea, pioggia reale. E poiché sono in crisi d’astinenza dal camminare, mi sono trasformato in un albero con le gambe. Come gli Ent ne Il Signore degli Anelli. E ho pensato di fare una passeggiata attorno all’Anello di Querce, lungo la stradina che porta a Panetti, il borgo delle otto anime, nella valle del Torrente Piazza, fino alla Cascata della Tiglia. Per assumere un po’ di linfa atmosferica. O per santificare la giornata, come direbbe Thoreau. Gli antichi terrazzi sulle pendici sono stati in gran parte ricolonizzati dalla macchia, perché abbandonati dai contadini. Chi fa più il contadino da queste parti? Verrebbe da dire: nessuno. Ma non è proprio così. Ecco, ora passiamo dal podere di un amico. Questi piccoli campi, d’estate sono colmi di ortaggi. Tutt’intorno, ulivi, alberi da frutta, gruppi di querce. E tanti animali da cortile. Il padre del mio amico era lo spirito del luogo. E’ morto qualche anno fa, dopo una malattia durata poche settimane. Fino all’ultimo ha accudito il suo orto: aveva rinascite da propiziare! Ecco altri poderi, altri coltivi, altri animali, altri uomini, altre donne. Vivono qui, in queste case. Considerate scomode, fuori mano, troppo vere per consentire alla realtà virtuale della città di affermare la sua onnipotenza. Ho scelto di vivere qui, in mezzo a questa gente. Che è la mia gente. La gente di quel passatista, di quell’idealista che si ostina a passeggiare sotto la pioggia l’ultima domenica di febbraio. L’avevano già capito ad Hollywood: è normale cantare sotto la pioggia per Gene Kelly fra le vie di New York, ma è da pazzi passeggiare sotto la pioggia nelle campagne di Platania per uno come me! Nelle immagini: momenti della passeggiata sotto la pioggia fra l'Anello di Querce e la Tiglia. Foto Francesco Bevilacqua.


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